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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 25° parte

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di lunedì 28 giugno 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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Il Sacerdote non si appartiene, di Mons. Fulton Sheen: 25° parte

Eccoci giunti a lunedì 28 giugno 2021. Oggi ricordiamo Sant’Ireneo Vescovo e Martire. Come ci dice San Girolamo, Sant’Ireneo, da piccolo, fu discepolo di San Policarpo di Smirne, custodì fedelmente la memoria dell’età apostolica, poi si fece Sacerdote del clero di Lione, poi succedette al Vescovo San Potino e fu poi martirizzato. Pubblicò una celebre opera contro le eresie “La difesa delle fede cattolica”. Una storia molto interessante e molto bella.  

Il Vangelo della Santa Messa di oggi, l’abbiamo letto dal capitolo VIII di San Matteo, versetti 18-22.

Nella vita bisogna saper passare all’altra riva. Si può passare sempre all’altra riva? No, non sempre. C’è un momento in cui è possibile passare all’altra riva nella vita di ciascuno di noi, ciascuno ha il suo, e si può anche pensare qualcosa che non è, nel senso: “Adesso ti seguirò ovunque tu vada”.

“No, perché in realtà io non ho dove posare il capo, a differenza degli uccelli e delle volpi”.

Gesù non aveva un nido, perché Lui era il nido, e quindi non ha un luogo di riposo, perché il suo riposo è il Padre. Non è facile portare avanti una vita spiritualmente densa e nello stesso tempo la capacità di passare all’altra riva quando è il nostro momento, individuare questa riva e dire: “Ok, adesso devo andare, devo fare un salto”. Anche perché tutto ci tiene fermi, ci cristallizza, gli affetti, le persone, le cose da fare, tante cose.

Andiamo avanti con il nostro testo del Venerabile Fulton Sheen “Il Sacerdote non si appartiene”

 Stiamo vedendo questo paragrafo sullo Spirito Santo e l’amore per le anime.

“Forse che lo Spirito Santo nel salvare le anime dimostra adesso minor larghezza che alla Pentecoste? Il tenore della nostra vita sacerdotale soffoca forse le fiamme e i venti impetuosi della conversione?”

Speriamo di no.

 “Come mai le fiamme della Pentecoste ardono luminosissime nelle terre di missione e sono così fioche nella nostra parrocchia?”

Io non sono stato in terra di missione come partenza per qualche posto come le Indie, l’Africa. Ho fatto solo un po’ di servizio in carcere, però devo dire che, effettivamente, lì dentro le fiamme della Pentecoste ardono, e quando ardono, ardono, chi le accoglie arde veramente, perché quando si è davanti a certe situazioni della propria vita, si è anche più liberi e disponibili a fare certi passi. Chi vive secondo lo Spirito ha una marcia in più, che noi neanche immaginiamo, noi non possiamo neanche pensarla questa marcia, non riusciamo neanche proprio ad immaginarla, eppure ce l’hanno, è una marcia in più su tutto, ecco perché è difficile stare dietro ai Santi, perché quando noi siamo in quinta loro sono in settima.

 “Forse che la marea dello Spirito è defluita dai nostri porti? La colpa non è dello Spirito, giacché «Dio non si pente dei suoi doni e della sua chiamata» (Rm 11, 29). Lo slancio dei venti impetuosi non si è calmato e fermato da solo, producendo ristagno e sterilità. Lo Spirito Santo è sempre pronto ad aiutare il nostro sacerdozio, perché possiamo far progredire le anime nella santità.

Il Sacerdote agisce dall’esterno, lo Spirito Santo dall’interno.”

Quest’opera doppia, importantissima.

“Noi ci auguriamo reciprocamente grazie e benedizioni. Egli ce le dà. Egli soltanto, con la sua opera divina, può gettare nel cuore quel seme che sboccerà in «una nuova creatura in Cristo» (2Cor 5, 17). Il suo Spirito può distruggere l’egoismo e l’indolenza che ci trattengono dall’andare alla ricerca delle anime.”

Sì, perché uno non ha voglia, non perché sia cattivo, ma perché non ha voglia, è il peccato dell’accidia, questo vizio capitale, la non voglia. Io sono ammirato nel vedere certi Sacerdoti come si dedicano, come si scaldano per il bene delle anime, si vede proprio che si danno, che hanno a cuore il bene delle anime, il bene delle persone, è bello vedere questo. Dobbiamo chiedere anche noi allo Spirito Santo di distruggere l’egoismo e l’indolenza di pensare solo a noi stessi e basta, la nostra vita deve essere come una candela che si consuma, noi dovremmo arrivare alla fine della vita, a quel giorno famoso e fatidico e dire: “Signore, ora lascia che il tuo servo vada in pace secondo la tua Parola”. “Gesù più di così non potevo o comunque sarebbe stato molto difficile ancora più di così”. San Padre Pio da Pietrelcina, più di così, cosa poteva fare? Si è speso totalmente fino all’osso, e come lui tutti gli altri Santi.

“Tutto intorno a noi, nelle nostre parrocchie, nella gente con la quale veniamo quotidianamente a contatto, vi sono folle innumerevoli di anime simili a lingotti d’oro ricoperti di scorie. E noi, se appena avessimo il fuoco dello Spirito, potremmo sottoporli alle fiamme purificatrici e farne dei gioielli del Regno di Dio!”

Verissimo, perché ci sono tante persone alle quali basterebbe proprio il “la”, mentre ci sono alcune che non le muovi neanche con i carri armati. Ci sono persone che non aspettano altro che quello, quell’incontro decisivo, quella parola chiarificatrice, illuminante per diventare meravigliose. Poi vanno custodite, curate, arricchite, però intanto se facessero quell’incontro comincerebbero a fare un bel salto di qualità, a prendere quelle decisioni solenni.

Iniziamo un nuovo capitolo:

Lo Spirito Santo e la conversione delle anime

“Poiché lo Spirito Santo non viene meno, ma è dato a chi lo chiede, non è più difficile convertire le anime oggi che in qualsiasi altro tempo. E il modo di trattare che deve essere diverso, come fu diverso quello con i Romani da quello con gli Ebrei. In termini psicologici, ogni conversione ha inizio da una crisi, morale o spirituale. La crisi morale ha origine da un momento o da una situazione che comporta qualche sofferenza, fisica, emotiva o spirituale; oppure da una dialettica, una tensione, da un fascino, da un dualismo o un conflitto. Da un lato, la crisi si accompagna a un profondo senso della propria impotenza, dall’altro lato a una altrettanto sicura convinzione che Dio solo può dare all’individuo ciò che gli manca. Se si tratta solo del senso d’impotenza, vi sarà disperazione, pessimismo, forse anche il suicidio.”

Una conversione richiede questo momento di crisi, quasi una spaccatura, come se la macchina si fermasse e non andase più, come se la chiave non aprisse più la porta e dovessi fermarti. Può essere un tumore, tuo o di altri, una situazione difficile, drammatica, una sofferenza grave. Pensate quando un ragazzo o una ragazza vengono improvvisamente lasciati, una moglie o un marito abbandonati, i figli rinnegati, un’amicizia tradita, tante sono le cose che possono succedere, oppure anche un fascino grande. Se Madre Teresa mi avesse detto: “Giorgio vieni con me su Marte!”, sarei andato, perché aveva un fascino incredibile. Con lei sarei andato ovunque, in qualunque parte del mondo e dell’universo. Con altri neanche a mangiare il gelato qui davanti, perché non c’è fascino, sono stoccafissi. Uno deve chiedere al Signore di non farlo diventare uno stoccafisso, con lo sguardo da triglia lessa. 

C’è questo senso di impotenza, non puoi fare niente, se non sapere che solo Dio può fare qualcosa in quella situazione, e questo ti toglie dalla disperazione, tu sai che Dio c’è, Dio ti sta aiutando, Dio ti aiuta. Pensate ad una mamma abbandonata, a un padre cacciato di casa, ai figli che abbandonano i genitori, una malattia, un tumore che improvvisamente ti colpisce: Dio c’è, Dio è presente.

 “In effetti, è questa la condizione del pagano di fronte al Cristianesimo: egli sente l’assoluta insufficienza delle sue risorse interiori dinanzi agli interrogativi, agli opprimenti contrasti di un universo crudele, e cede alla disperazione. Egli possiede una metà della condizione necessaria alla conversione, vale a dire il senso della crisi; però non mette la sua impotenza in connessione con la potenza divina che alimenta e sostiene l’anima. In una situazione del genere, il paganesimo cede il posto a quella che si potrebbe chiamare disperazione creativa: «disperazione» perché l’uomo riconosce la propria malattia spirituale; «creativa» perché egli sa che soltanto un Medico Divino può portargli la guarigione.”

Non avevo mai pensato alla disperazione creativa, adesso dovrò imparare ad usare qualche questa, fa riflettere, vedete a leggere e a studiare quante cose si imparano. 

Non dobbiamo avere paura della crisi, di questo bisogno di fermarsi. Ad esempio, per una persona riconoscere la propria malattia spirituale genera una disperazione, questo non vedere più una speranza, ma è creativa, nel senso che sa che c’è un Medico Divino che può fare qualcosa. 

 “Talvolta, la crisi della conversione è spirituale più che morale. Ciò si verifica di frequente tra coloro che hanno cercato la perfezione, ma non hanno ancora la pienezza della fede e della grazia dei Sacramenti. Sono anime che, sul piano naturale, hanno condotto una vita buona: sono state generose con i poveri, gentili con il prossimo e hanno per lo meno assecondato una vaga fratellanza tra tutte le genti. Altri hanno un’infarinatura a proposito della vita soprannaturale: hanno condotto una vita a immagine di Cristo fin dove sapevano, una vita secondo la fede in Lui fintanto che ne vedevano la luce. Nella loro anima la crisi comincia o nel momento in cui si rendono conto di avere potenzialità tremende non ancora sfruttate oppure quando cominciano ad agognare una vita religiosa con esigenze ben maggiori. Fino al momento della crisi, essi sono vissuti alla superficie della loro anima.”

Per questo fa bene la crisi.

“La tensione si intensifica quando si rendono conto di essere come una pianta, le cui radici abbisognano di maggiori profondità spirituali, e i cui rami sono destinati a comunicare con il cielo. Il senso di crescente insoddisfazione per la loro mediocrità è accompagnato da un desiderio appassionato di resa, di sacrificio, di abbandono al volere di Dio. Questo passaggio dalla mediocrità all’amore può essere provocato dall’esempio di un santo, dall’ispirazione di un libro spirituale, dal desiderio di evadere da meri simboli verso una divina realtà. Comunque sia, interviene un dualismo a partire dal momento in cui l’anima ode la voce del Cristo che dice: Siate voi dunque perfetti come è perfetto il Padre vostro celeste (Mt 5, 48).”

Fermiamoci un secondo perché sono espressioni dense. C’è un senso, quando uno si converte veramente, di insoddisfazione, uno si sente tiepido: “Ma che senso ha la mia vita così. Non è una vita veramente data al Signore, vissuta fino all’osso, di grandi ideali.”

Infatti lui dice:

“accompagnato da un desiderio appassionato di resa, di sacrificio, di abbandono al volere di Dio.”

Soprattutto i giovani cercano questo, cercano ideali grandi, orizzonti grandi, cercano radicalità, totalità, solo che, se noi non siamo così, come facciamo a dargliela? Se noi diciamo: “Si va be ma… si ma poi capirai che… si ma non esagerare… si ma ci vuole la misura…”

È come se uno dovesse dire ad un innamorato: “Ci vuole la misura”. Se uno comincia a fare la misura non è più innamorato. Che l’innamorato non abbia misura è una legge: di notte non dorme perché pensa all’amata del suo cuore, non riesce a mangiare perché ha le farfalle nello stomaco, non gli interessa più niente, ha voglia solo di stare con lei o con lui, e via di seguito, c’è un desiderio appassionato di resa all’altro, di sacrificio, di abbandono e questo accade anche con Dio.

Che cosa può aiutare questa presa di coscienza? Tutto questo può essere aiutato da un Santo, dall’aver accanto qualcuno che è Santo, da un libro, o dal dire: “Questa realtà non mi basta più. Basta, non c’è più niente per me qui.” Non vuol dire prendere e partire per morire martiri, ma vuol dire che le cose che ho da fare sempre, ho bisogno di farle in un altro modo, con un altro cuore, con un’altra appartenenza. E questi sono i momenti nei quali bisogna assecondare tutto questo e partire, bisogna mettersi dentro e non seguire le sirene che dicono: “Ma no, ma dai, ma cosa fai… ”. Come se noi avessimo bisogno di qualcuno che continuamente ci sedasse. 

Dovete vedere questo film bellissimo, ve l’ho già detto, che si intitola “The Giver”. È un film stupendo. Quando il protagonista smette di fare le iniezioni comincia a vedere un mondo a colori. Fintanto che tutti i giorni fai la tua iniezione vedi tutto bianco e nero, certo non hai conflitti perché non hai passioni, non hai emozioni, ma che vita è? Lo scopo è non avere conflitti? Noi abbiamo visto quando abbiamo meditato il testo di Michel de Certeau, “Mai senza l’altro”, quanto è importante anche la realtà del conflitto. Ci fa bene. È vero, umanamente è meglio vivere un po’ tranquillo e sereno, accanto a qualcuno che non è che mi fa i conflitti ogni giorno, sì, però dove cresciamo di più? Quando cresciamo di più? Quando siamo dentro ad un conflitto, quello è il luogo nel quale noi cresciamo, non quando ci muriamo vivi dentro alle nostre certezze e sicurezze, dove noi siamo giudice, avvocato e imputato.

“La conversione è l’introduzione di un nuovo Spirito. L’uomo non convertito ha nella sua natura umana un fattore Rh di incompatibilità spirituale, che è fattore di corruzione che bisogna debellare perché l’uomo, mediante una trasfusione di sangue del Calvario e del fuoco della Pentecoste, possa divenire «partecipe della divina natura» (2Pt l, 4). Pertanto, la conversione è cosa del tutto diversa dal proselitismo, il quale non è altro che un mutamento di gruppo, o un mutamento di etichetta. La conversione è invece metànoia, un mutamento di carattere, il divenire di un uomo nuovo.”

Queste cose sono importanti. Se anche hai il gruppo giusto ma il fattore sbagliato, è un problema. Esempio, io sono gruppo sanguigno “0” Rh negativo. Se ho bisogno di trasfusioni e ho accanto a me una persona che è gruppo “0” Rh positivo che mi dà il suo sangue, io ho dei problemi grossi, non posso ricevere il suo sangue perché lui è Rh positivo. Io non ho il fattore Rh, chi ha il gruppo come il mio può ricevere il sangue solo dallo “0” Rh negativo. È il gruppo universale perché è il gruppo che può dare il sangue a tutti. Io, senza sapere che gruppo di sangue siete voi, a occhi chiusi vi posso dare il mio sangue, perché qualunque gruppo voi siate io posso darvelo, sia A, AB, “0”, sia che siate positivi o negativi, perché non avendo l’Rh se anche lo dò a uno che ha l’Rh non è un problema, è un gruppo universale per eccellenza, dà il sangue a tutti, senza incompatibilità, ma lo può ricevere solo dallo “0” negativo. Questo ragionamento di Fulton Sheen mi sembra molto bello per la nostra vita spirituale: noi dobbiamo poterci dare a tutti, poter a tutti amministrare, donare, condividere la grazia dello Spirito Santo. Ma il sangue, la trasfusione di sangue del Calvario e del fuoco di Pentecoste può essere ricevuta solo da Dio. Dobbiamo essere spiritualmente “0” negativo, darlo a tutti, ma riceverlo solo da Dio. 

Ci sono quelli che prima andavano in discoteca fino alle 4 del mattino, adesso non lo fanno più però hanno mantenuto quella mentalità, quindi se le Messe non sono “salta, balla, danza” non vanno bene, quind affoghiamoci tutti nella sagra della salamella e del barbera, e via di seguito. No, la conversione è il mutamento, la conversio, la metanoia, che in greco vuol, dire un cambiamento radicale a 360° del tuo modo di pensare, di tutta la tua persona. Ciò che prima tu amavi, adesso lo destasti e viceversa, questa è la conversione, non è il proselitismo. Mi tolgo la tuta del mondo e mi metto la tuta di Dio, no, non funziona così perché dentro sei sempre lo stesso, e invece è proprio l’aspetto più profondo che deve cambiare.

“un mutamento di carattere”

Cambi radicalmente, cambiano i gusti, questa è la conversione, perché è avvenuta questa importantissima trasfusione di sangue del Calvario, del fuoco della Pentecoste, siamo stati partecipi della natura divina:

“una trasfusione di sangue del Calvario e del fuoco della Pentecoste, possa divenire «partecipe della divina natura» (2Pt l, 4)”

Domani vedremo un paragrafo importantissimo, attualissimo che si intitola:

“È lo Spirito Santo che converte non noi”

Già qualche giorno fa vi ho parlato un po’ di questo tema, adesso lo sentiremo trattare da Mons. Fulton Sheen, che ci aprirà sicuramente tanto la mente e speriamo anche il cuore e la vita, che ci aiuti un po’ a cambiare registro. 

Tema: Cuore Eucaristico di Gesù, tacerò per ascoltarti e per perdermi in te.

Speriamo che impariamo a tacere per ascoltarlo.

Fioretto: Ponete un freno alla vostra lingua, evitando parole inutili e per abituarvi a tacere con le creature.

Sarebbe bello se noi dicessimo solo parole utili, e poi imparassimo a stare un po’ zitti. Ci sono persone che parlano e parlano e non finirebbero mai di parlare. 

Oppure, devo comprare un litro di latte con una pagnotta, la famosa pagnotta della Fontana di Trevi — proprio davanti alla Fontana c’è una di queste gastronomie, panetterie e vendono tutti questi tipo di pane dai più disparati, e belli anche visibilmente —  compra questo pezzo di pane e basta, compra questo litro di latte.

Ma ci vuole la laurea, deve prima aver fatto un master per andare a comprare un pezzo di pane e un litro di latte, perché ci sono 25 tipi di latte diversi, e quello di soia, e quello di avena, di lenticchie, di fagiolo, e di mucca, ma di mucca non transgenica. Uno va prendere il latte, ma dice: “Guarda, mamma, non posso comprarti il latte perché non ho ancora fatto questo master nell’acquisto del latte e non so tra questi latti incredibili quale posso prendere”. 

Poi per il pane non ne parliamo, uno entra in panetteria e dopo che ha finito di vedere tutti i tipi di pane gli è passata al fame, si è già saziato. Poi non puoi neanche chiedere informazioni: “Ma scusi cosa cambia da quello a quello? E da quello la?”.

Un tempo, nel mesozoico, quando sono cresciuto io con i Flintstones, al nostro tempo c’era la michetta, andavi a comprare il pane e c’era la michetta, qualche volta c’era lo sfilatino, era una cosa eccezionale, ed era semplice prendere un litro di latte con una michetta. 

Impariamo, quando andiamo a prendere un litro di latte ed una michetta, a prendere un litro di latte e una michetta, non facciamo l’Eneide e l’Odissea sull’andare a comprare un litro di latte e una michetta. Semplicità. Non discutiamo di ogni cosa. Mangia quello che vuoi, bevi quello che vuoi ma stiamo un po’ in pace e in silenzio. Mi sembra che è diventato tutto una discussione incredibile. Mi è capitato una volta che, insieme ad altri Sacerdoti, eravamo in un posto dove avevano preparato una cena e uno di loro mi dice: “Questa sera hanno preparato la pizza”

“Ah buona, bello”.

“No, noi non la prendiamo perché a noi piace la pizza, ma come la fanno qui, no”.

“Perché come la fanno? Mi sembra buona. Va be, ne prenderò di più io”.

Guardate non ho fatto il tempo di guerra però a me sembra che alle volte siamo veramente oltre, e il modo di parlare indica questa insoddisfazione radicale profonda, lo indica questo continuare in modo logorroico a parlare, indica un’insoddisfazione. 

Ossequio: Fate un diligente esame sul modo con cui impegnate il tempo, col proponimento di impiegarlo per l’avvenire come vorreste averlo impiegato in punto di morte.

Qui si apre un mondo, se ogni giorno ci facessimo la domanda sul tempo. Vi farò una meditazione precisa sul Kronos e Kairos, ve la voglio proprio fare perché voglio dirvi alcune cose.

Giaculatoria: Cuore Eucaristico, – tra incensi e fiori fa che ogni spirito – Te solo adori.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga.

Lunedì della XIII Settimana del Tempo Ordinario – Anno I

VANGELO (Mt 8, 18-22)

In quel tempo, vedendo la folla attorno a sé, Gesù ordinò di passare all’altra riva.
Allora uno scriba si avvicinò e gli disse: «Maestro, ti seguirò dovunque tu vada». Gli rispose Gesù: «Le volpi hanno le loro tane e gli uccelli del cielo i loro nidi, ma il Figlio dell’uomo non ha dove posare il capo».
E un altro dei suoi discepoli gli disse: «Signore, permettimi di andare prima a seppellire mio padre». Ma Gesù gli rispose: «Seguimi, e lascia che i morti seppelliscano i loro morti».

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