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S. Vincenzo di Lérins: progresso o cambiamento?

S. Vincenzo di Lérins

Meditazione

Pubblichiamo l’audio di una meditazione di domenica 17 ottobre 2021

Predicatore: p. Giorgio Maria Faré, OCD

Ascolta la registrazione:

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S. Vincenzo di Lérins: progresso o cambiamento?

Eccoci giunti a domenica 17 ottobre 2021, oggi ricordiamo e preghiamo in modo particolare Sant’Ignazio di Antiochia, Vescovo e Martire.

Abbiamo ascoltato la seconda lettura della Santa Messa di oggi tratta dalla Lettera agli Ebrei, capitolo IV, versetti 14-16.

Di queste brevi righe, di questi pochi versetti, tre, vorrei soffermarmi sull’ultimo:

“Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.”

A me, come trono della grazia, viene in mente quanto Gesù disse a Santa Faustina: il Confessionale e il Tabernacolo. Noi ci dobbiamo accostare al confessionale veramente con piena fiducia, con piena e grandissima fiducia. 

Questo cosa vuol dire?

Vuol dire che quando mi vado a confessare io devo pensare e credere innanzitutto che lì c’è Gesù, quindi non ha senso in confessionale mettersi a fare giri di parole, nascondersi, dire una cosa e intenderne un’altra. Lì c’è Gesù, per cui io sono quello che sono. Mi nascondo davanti agli occhi di Dio che conosce meglio di me chi sono? Ma no, è ridicolo. 

Come vi dico da tempo, se non me la sento di dire qualcosa, rimando; rimanda pure, aspetta, non andiamo a confessarci perché lo dobbiamo fare, non andiamo a confessarci se non abbiamo le disposizioni giuste. Mi vado a confessare e dico tutto quello che ho in mente e che ho sulla coscienza, dico tutto, bene, ricordandomi sempre la differenza specifica e la differenza numerica, che non sono dettagli per farisei o per ossessionati dalla casistica, non è questa la ragione per cui c’è sempre stata insegnata l’importanza della differenza specifica e numerica. Un conto è se io dico al Sacerdote: “Ho rubato una mela”. E qui c’è già la differenza specifica, la mela, e la differenza numerica, una, una mela. Un conto è se dico che ho rubato 100 mele, per trenta giorni consecutivamente. Un conto è se dico che ogni anno io rubo le mele. È diversa la valutazione, è diverso anche il consiglio che il Sacerdote ti darà, l’aiuto che ti darà, perché un conto è avere davanti una persona che in cinquant’anni della sua vita ha rubato una mela e un conto è avere davanti una persona che negli ultimi sei mesi ha rubato ogni giorno dieci mele. Le indicazioni che darà saranno diverse.

Un conto è dire: “Ho rubato una mela”, e un conto è dire: “Ho rubato la pensione, strattonando la borsa di una persona anziana, che è caduta per terra e l’ho abbandonata lì da sola”.

Uno dice: “Ma Dio è buono, Dio perdona tutto, non stiamo qui a fare le casistiche!”

Che Dio è buono e perdona tutto, su questo non c’è alcun dubbio, verissimo, ma capisci che è un po’ diverso per te, dover dire che hai rubato la pensione a quella persona anziana, in quel modo, e invece dover dire che passando per la strada hai rubato una mela. Quello che il Sacerdote ti dirà, sarà molto diverso. Faccio un’ipotesi, in un caso potrebbe dirti: “Va bene, alla prima occasione ripassa da quel fruttivendolo e rimettigli una mela nel cesto, oppure compragli dieci mele e quando stai per uscire una la tiri fuori e la rimetti lì. La riparazione è una cosa semplice, minima. Se ne hai rubate trenta, fai una busta, ci metti dentro tot soldi e gliela fai portare da qualcuno: “Guardi una persona mi ha dato questa busta per lei, mi ha detto di lasciargliela qui”, è un modo. Fagli un regalo, fai qualcosa, ma è semplice come riparazione.

Diverso è quella persona anziana a cui tu hai strappato la borsa, che conteneva l’unica pensione che aveva e magari i ricordi di suoi marito morto, è caduta per terra, magari si è rotta un femore, o un ginocchio, si è fatta venti giorni di ospedale e adesso non è più quella di prima. Qui è diverso. E ovviamente non hai fatto soccorso, perché sei stato un ladro, sei scappato via, quindi l’hai abbandonata lì per terra da sola. Questo non si risolve con tre Ave Maria. 

Al Sacerdote che ti ascolta tu non gli puoi dire: “Ho commesso un peccato perché ho rubato”. Eh no, ho rubato cosa? Ho rubato a chi? Ho rubato come? Sono cose un po’ diverse! 

La Tradizione della Chiesa ha pensato ad alcune cose, non perché poverini, loro erano ammalati di mente, immaturi, stupidi e invece siamo arrivati noi che abbiamo capito tutto della teologia! Non funziona così. Se uno si ferma a fare i conti della serva, capisce bene che c’è un senso in ciò che ci è stato insegnato, e che non è che ciò che era valido vent’anni fa, adesso sia da buttare fuori dalla finestra.

Ci tengo a dirvi queste cose perché se no uno rischia di cadere in confusione. Io vi consiglio di tenere sotto gli occhi e di andare a leggere il Primo Commonitorio di San Vincenzo di Lérins, Sacerdote. Chi recita la liturgia delle ore, venerdì 8 ottobre ha letto un testo, nella seconda lettura dell’Ufficio, dove San Vincenzo fa tutta una questione sul progresso. Lui dice:

“Non vi sarà mai alcun progresso della religione nella Chiesa di Cristo? Vi sarà certamente e anche molto grande.

 Bisognerà tuttavia stare bene attenti che si tratti di un vero progresso della fede e non di un cambiamento.”

Qui parla dello sviluppo del dogma. San Vincenzo di Lérins dice: “Attenti, il progresso va bene, il cambiamento no.”

 “Il vero progresso avviene mediante lo sviluppo interno. Il cambiamento invece si ha quando una dottrina si trasforma in un’altra.”

È chiarissimo, cioè, non è che ciò che era male per mia nonna, per me è diventato bene, perché questo non è un progresso, questo è un cambiamento. Questo non è lecito, non è giusto, non va bene.

  “È necessario dunque che, con il progredire dei tempi, crescano e progrediscano quanto più possibile la comprensione, la scienza e la sapienza così dei singoli come di tutti, tanto di uno solo, quanto di tutta la Chiesa. Devono però rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto.”

In una riga vi ho letto delle cose che sono grandi come il mondo.

“Devono però rimanere sempre uguali il genere della dottrina, la dottrina stessa, il suo significato e il suo contenuto.”

Ciò che era male per la mia nonna è male per me e sarà male per i miei figli, per i miei nipoti, e per i miei pronipoti.

Esattamente come il corpo, scrive.

“Vi è certamente molta differenza tra il fiore della giovinezza e la messe dalla vecchiaia, ma sono gli stessi adolescenti di una volta quelli che diventano vecchi. Si cambia quindi l’età e la condizione, ma resta sempre il solo medesimo individuo. Unica e identica resta la natura, unica e identica la persona. (…)

Se coll’andar del tempo la specie umana si cambiasse talmente da avere una struttura diversa oppure si arricchisse di qualche membro oltre a quelli ordinari di prima, oppure ne perdesse qualcuno, ne verrebbe di conseguenza che tutto l’organismo ne risulterebbe profondamente alterato o menomato. In ogni caso non sarebbe più lo stesso.”

Cioè se io essere umano mi trasformo in una pianta è un problema, se ad un certo punto perdo le braccia, è un problema, se mi spunta il terzo occhio, è un problema. C’è un progresso ma non può essere un mutamento.

 “Sarebbe assurdo e incredibile che noi, loro figli, invece della genuina verità del frumento, raccogliessimo il frutto della frode cioè dell’errore della zizzania. 

 È anzi giusto e del tutto logico escludere ogni contraddizione tra il prima e il dopo. Noi mietiamo quello stesso frumento di verità che fu seminato e che crebbe fino alla maturazione.”

Non ci può essere contraddizione tra la mia nonna e me, tra me e i miei figli e i miei nipoti in ciò che noi crediamo essere vero. Non può essere che mi dicano: “Ma cosa stai dicendo? Ma oggi non è più così!” Ma come non è più così? E in cosa ho creduto io fino a ieri? Su che cosa mi sono formato, sul nulla? Ma cosa stai dicendo? I fondamenti possono cambiare?

“No ma prima era peccato ma adesso non lo è più”

Ma come prima era peccato e adesso non lo è più? O non lo è mai stato, o lo sarà sempre. Cosa vuol dire che non lo è più?

“Prima era una virtù e adesso è un peccato”

No, non è possibile! C’è un problema, c’è qualcosa che non gira.

Ritornando al nostro testo, allora, saranno importanti la differenza specifica e la differenza numerica che nessuno ha mai abolito, no? E sarà importante andarlo a dire, perché magari il Sacerdote ti dirà: “Ah sì? Bene, allora prima dell’assoluzione vai a riparare”

Noi investiamo qualcuno, facciamo un incidente, facciamo del male a qualcuno e pensiamo semplicemente di dirgli: “Ah scusami, mi dispiace, tanto poi c’è l’assicurazione, io me ne vado per i fatti miei, me ne vado a fare la mia vita e tu adesso per i prossimi sei mesi, se ti va bene, un anno se ti va male o anche di più, avrai da dover correre negli ospedali, fare fisioterapia… 

Chi paga? 

“Ma c’è l’assicurazione”

Si ma quella paga dopo, ma io quando vado a fare fisioterapia, quando vado a fare la visita dal dottore, non è che gli dico: “Guardi la pago tra un anno”. 

Io la devo pagare subito. E se non ho i soldi? E se sono una persona anziana che vive della sua pensione? Tu mi hai distrutto una gamba, io non ho più vent’anni e adesso chi paga tutto quello che io devo fare? E se io non lo posso pagare? E poi, chi mi porta a fare le cure? I figli sono tutti a lavorare, poi sono sempre impegnati, chi mi porta? Io non guido più perché sono anziana, chi mi porta a fare la fisioterapia? Chi sta ad aspettarmi per un’ora? Chi mi riporta a casa? Chi mi va a fare la spesa? Chi mi aiuta a lavarmi? Chi mi viene a fare le medicazioni? Chi mi aiuta a muovermi dal letto? Chi mi fa da mangiare?

Tocca a te! Sei tu che mi hai fatto del male, sei tu che mi hai investito. È troppo facile dire: “Tanto c’è l’assicurazione”. No, caro. Tu anticipi i soldi, per esempio, cominci a pagare tu tutte le cose che devo fare, poi tutto quello che dovrò fare come cambiamento di vita dovuto al tuo male che mi hai fatto, perché eri distratto, perché correvi troppo, perché non hai rispettato la precedenza, per mille ragioni, adesso tu ti sobbarchi questa cosa e tu mi porti a fare tutte le cose. Eh certo cari!

Quando noi facciamo un male che va a ricadere sulla vita degli altri, non è che me lo vado a pulire con un’Ave Maria e tre Padre Nostro! Quando io calunnio qualcuno, quando diffamo qualcuno, quando parlo male di qualcuno non è che vado in confessionale e dico: “Chiedo scusa a Gesù perché ho calunniato quella persona”, gli ho distrutto la fama, gli ho causato un male pazzesco, gli ho fatto perdere il lavoro e adesso vengo qui a chiedere perdono a Gesù, tre Ave Maria e un Padre Nostro? No. Non è giusto. Questa cosa non è giusta. Tu vai a riparare il tuo male. Quel male lì lo puoi riparare e tu lo devi riparare. Devi assumerti la responsabilità delle tue azioni. L’hai fatto? E adesso fino in fondo vai a riparare quel male.

Ma scusate, che cos’è Gesù? Che cosa sono i Sacramenti? Che cos’è il Sacramento della Confessione? Il luogo dove io mi lavo tutte le mie responsabilità? No. Quello è il luogo nel quale chiedo perdono al Signore dei miei peccati, è un’altra cosa. Ma il male che ho fatto deve essere riparato. Per questo è importante la differenza specifica e la differenza numerica, perché il Sacerdote, capendo bene qual è il tuo male, qual è il tuo peccato ti potrà dire: “Sì”, “No”, “Vedremo, comincia a riparare questo male”.

Non è che tiro sotto uno, gli faccio una telefonata:

 “Tutto bene?”

“Sì tutto bene.”

“Bene, arrivederci”. Metto giù, e fine. 

No, scusami ma chi viene a farmi le medicazioni? Chi è che mi aiuta? Ma stiamo scherzando? Prendi e lo fai tu, perché non lo fai tu?

Noi pensiamo che tutto si risolva con i soldi. Ho capito, ma la minestrina non si fa da sola con i biglietti da cinquanta euro! Andare all’ospedale, dover fare la coda, con la carrozzina, portarmi dentro, portarmi fuori, chi lo fa? Tocca a te. 

Noi cristiani dobbiamo avere questo senso di giustizia interiore, questo “non è che va bene tutto!”. E allora troveremo misericordia, grazia, perché il Signore ci perdonerà veramente, quando noi avremo dimostrato veramente di essere seriamente pentiti dei nostri mali. 

“così da essere aiutati al momento opportuno.”

Lo dice la Scrittura.

“per ricevere misericordia e trovare grazia”

Stessa cosa davanti al Tabernacolo. 

Trovo un portafoglio per terra, trovo un anello in oro bianco con su cinque diamanti… e dico: “Eh no, va bè”. No. 

La cassiera si sbaglia, prende cinquanta euro e come resto me ne dà cento, io prendo e vado via perché sono il più intelligente di tutti. Quello è rubare, perché poi la cassiera dovrà metterci i suoi quando a fine giornata non tornano i conti. 

Possiamo andare con piena fiducia al trono della grazia se veramente abbiamo capito che cos’è ricevere misericordia e trovare grazia.

Benedicat vos omnipotens Deus, Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus. Amen. 

Dio ci benedica e la Vergine ci protegga. 

Sia lodato Gesù Cristo, sempre sia lodato.

 

SECONDA LETTURA (Eb 4, 14-16)

Fratelli, poiché abbiamo un sommo sacerdote grande, che è passato attraverso i cieli, Gesù il Figlio di Dio, manteniamo ferma la professione della fede.
Infatti non abbiamo un sommo sacerdote che non sappia prendere parte alle nostre debolezze: egli stesso è stato messo alla prova in ogni cosa come noi, escluso il peccato.
Accostiamoci dunque con piena fiducia al trono della grazia per ricevere misericordia e trovare grazia, così da essere aiutati al momento opportuno.

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